"G8: un disonore per l'uniforme". Fabio Piselli FOR PRESIDENT!
"G8: un disonore per l'uniforme". Fabio Piselli FOR PRESIDENT!
15 Novembre 2008
Inserito da Lorella Binaghi Spedisci E-Mail
Questo articolo merita la diffusione,
giacché l'autore potrebbe essere sicuramente l'uomo che tutti
vorrebbero come Presidente della Nostra Nazione!
Lorella Binaghi
"G8: un disonore per l'uniforme".
Tratto dal blog di Fabio Piselli
http://www.fabiopiselli.blogspot.com/
Assistere alle sentenze come quella emessa ieri relativa ai fatti del G8 di
Genova è sempre triste. Quando ero un militare di carriera la prima
cosa che mi hanno insegnato, come valore assunto di un comandante di
uomini, è stata quella che come tale sarei stato responsabile di
ogni azione compiuta dai miei uomini.
Questo per responsabilizzare il comandante, per spronarlo a formare e
gestire il proprio personale conformemente ai regolamenti, alle leggi.
Questo per responsabilizzare il comandante per prevenire il classico
scarica barile. Può avvenire certamente che il livello inferiore
possa giustificarsi dicendo "non era di mia competenza" ma non deve mai
avvenire il contrario, perchè un buon comandante è
responsabile dei propri uomini, anche di quelli che comanda per delega data
ad un subcomandante. Quanto abbiamo visto a Genova è la
rappresentazione di una mentalità operativa delle nostre forze di
sicurezza in generale, non è il frutto di grandi manovre fascistoidi
quanto il risultato di un substrato fascistoide ancora vivo ed espresso sia
nei protocolli addestrativi, sia nella percezione del ruolo di tutore
dell'ordine confuso con l'ordine da tutelare.
Substrato che raggiunge quei picchi d'intollerabilità laddove
è stimolato da una ipermentalità fascista che apre il campo
alla manipolabilità dei molti manganellatori, i quali da
sanguinolenti macellai cileni si trasformano in silenti "non ricordo" con
la bavina alla bocca durante gli interrogatori nei processi.
Sono vigliacchi, solo vigliacchi, nascosti in fregi ed uniformi ma tali
restano, dei vigliacchi, considerati vigliacchi anche dal proprio
personale, dai propri colleghi, dai propri comandanti, quelli che hanno
scelto di non manganellare, di non incitare il macello, di cercare di
tenere a bada quell'orda di manovali del manganello comandanti da altri
perfetti incapaci.
Il fatto che i vertici della polizia non siano stati giuridicamente
ritenuti responsabili è solo un atto giuridico e non la
cancellazione di una verità sociale, condivisa e condivisibile ad
ogni visione delle immagini inerenti il G8.
Certo, lascia l'amaro in bocca, lascia spazio al senso d'impunità
per i prossimi manganellatori, lascia il senso della delusione nelle parti
offese direttamente coinvolte nei fatti.
Siamo tutti noi le parti offese, perchè non possiamo sostenere che
un operatore delle forze di polizia e di sicurezza in generale, a qualsiasi
livello, possa spaccare le teste, forare i polmoni, spaccare i denti, le
ossa a dei ragazzi e non ragazzi sulla base di una presunta informativa o
per quasiasi altra ragione.
Quel tipo di "modulo psicologico" è ben conosciuto a chiunque abbia
trascorso un pò di tempo in uniforme all'interno di quei reparti, di
polizia o dei carabinieri e delle altre unità del genere, la
mentalità del "massiccio" , del "uè giovaneee", del "porco
zio" e così via, la mentalità che produce l'alibi
dell'ignoranza da compensare con la propaganda dei valori di patria, di
onore, di fedeltà; ma a cosa, se non ad un nostalgico ideale di
"purezza" che non esisteva nemmeno durante il fascismo, quello vero. Sia in
passato che oggi stiamo formando degli operatori di polizia e di sicurezza
con moduli teorici validi ma con strumenti pratici viziati di quella
frustrazione che rende frustrato anche l'operatore più sereno.
Stiamo formando dei deboli, perchè altro non sono quattro operatori
che spaccano le ossa a dei ragazzini, a delle persone che anche laddove
considerati autori di reato o soggetti con un elevato indice di
pericolosità, una volta a terra e immobilizzati non meritano certo
quei calci, quelle botte.
Nel nostro strano paese assistiamo alla progressione di carriera di
soggetti che avrebbero buone ragioni per cambiare mestiere, questo è
il problema, la carriera in Italia la fanno i mediocri, che comanderanno da
mediocri, formando e crescendo mediocri. Laddove un valido e bravo
operatore di polizia o di sicurezza esprima la propria vera
professionalità, rispetti i veri valori del suo ruolo, cioè
la tutela della sicurezza pubblica, il rispetto della collettività,
susciterà fastidio fra i propri colleghi tanto che verrà
"bollato" ghettizzato e probabilmente si adatterà alla situazione,
cambierà lavoro oppure si troverà un posto di mediazione per
il quieto vivere.
A Genova, durante il G8, ci sono stati degli operatori che hanno denunciato
i propri colleghi, che si sono rifiutati di manganellare in dieci dei
ragazzi distesi a terra, che non hanno partecipato a quella macelleria,
gridando sin da subito lo schifo che hanno vissuto fra i loro ranghi, senza
però andare oltre, senza essere stati così "onorevoli" e
"valorosi" da denunciare pubblicamente o addirittura strapparsi le mostrine
come avveniva un tempo in caso di disonore di un reparto. Ecco, la
più grande punizione per questa gente è proprio questo, il
DISONORE, non le sentenze o le condanne che tanto con un paio di
telefonatine all'amico dell'amico non cambia nulla, fanno lo stesso
carriera.
DISONORE, vigliacchi manovali dell'ignoranza in uniforme con l'alibi dei
valori di patria. Chi è morto in iraq, o altrove ha dimostrato
l'alto rischio che corre nel compiere il proprio lavoro (non dimentichiamo
che è un lavoro, assunto a stile di vita, ma rimane un lavoro)
morendo nello svolgimento del proprio lavoro e reso eroe dalla patria,
rispettato da tutti noi collettività e pianto come uomo che è
morto svolgendo il proprio lavoro; non come eroe caduto per salvare la pace
come vogliono farci credere, perchè se sei un governo che desidera
la pace inzia allora dal togliere il manganello dai tuoi tutori dell'ordine
che non ne sanno misurare la pericolosità nell'uso; inizia col dare
pace alla collettività stimolando il rispetto dei valori della
Democrazia, rappresentati anche da uomini inuniforme affidabili, invece di
imporci il valore di patria rinforzato dalla strumentalizzazione della
morte dei lavoratori in uniforme.
Chi ha macellato quei ragazzi ha dimostrato l'alto rischio che corriamo nel
permettere ancora a quattro frustrati di comandare dei giovani uomini,
condizionati a tal punto che scambiano il proprio onorevole lavoro in un
lavoro che solo svolgendolo dona onore anche agli incapaci.
L'onore è assistere al rispetto della vita umana, la propria e degli
altri, è assistere al rispetto della dignità, la propria e
degli altri. Ho detto più volte che se desideriamo prevenire quanto
avvenuto a Genova e in altre, troppe, occasioni simili, occorre che siano
gli operatori delle forze dell'ordine e di sicurezza a desiderare il
cambiamento, per questo sosteniamoli invece di demonizzarli, offriamo loro
il confronto, rinforziamoli nel rispetto delle regole e portiamoli fuori
dalla mentalità delle "proprie regole" da far rispettare a
manganellate.
Carlo Giuliani è morto per mano di un ragazzino con la pistola, le
manette, il tesserino, l'uniforme e forse anche un sacco di sogni, di
famiglia, lavoro sicuro e futuro sereno che si è assunto la
irresponsabilità di sparare uccidendo Carlo, un giovane che ha
scelto di manifestare assumendosi la irresponsabilità di partecipare
agli scontri contro le forze dell'ordine, rischiando le manganellate ed
anche il colpo di pistola che lo ha ucciso e che non lo doveva
uccidere.
Il problema non è rappresentato da Mario Caplanica o dal fu Carlo
Giuliani, il problema siamo noi collettività che non siamo stati
capaci di comprendere cosa fare, civilmente e democraticamente,
affinchè non si ripeta ancora che un ragazzin armato di pistola
valori e patria uccida un altro ragazzino armato di estintore e dei propri
ideali.
La Democrazia non la difendono solo i poliziotti, i militari, ma
soprattutto la collettività, che partecipa alla difesa della
Democrazia con la scelta di tutelare la libertà; libertà di
manifestare anche contro le uniformi violente. La nazione è un
contenitore confinato di vite umane, di persone che lavorano, la patria
è un contenitore di ideali e di valori di libertà che
permettono alla collettività di vivere confinata nella propria
nazione, democraticamente; sono un guscio ed una guaina della stessa vita,
non un contenitore da sovrapporre o imporre all'altro; sono un "concetto"
espresso da chi crede nella Patria con fede militaristica e chi crede nella
collettività che risiede all'interno di un terriorio confinato e
rappresentato da una bandiera; confini segnati col sangue dei caduti nelle
varie guerre d'oppressione e di liberazione, morti civili e militari.
Confini che non debbono però confinare il desiderio di superare il
concetto di patria con quello di collettività che vive in uno stesso
stato ma che guarda senza confini, che merita rispetto anche se non
condivide il concetto di fedeltà alla patria, onore ai caduti,
rispetto per le uniformi.
Sono stato un giovane in uniforme, ma ho conosciuto tanti altri giovani
contrari alle uniformi che rispettavano la storia della nostra democrazia
alzandosi la mattina per studiare e lavorare, senza tanti fregi o canti
nostalgici, alcuni dei quali morti durante lo svolgimento del proprio
lavoro senza grandi medaglie.
In parole povere la macelleria in uniforme al G8 non ha rispettato i propri
caduti, i propri fregi, la propria uniforme, la dignità propria e
degli altri. DISONORE, questa è la peggiore condanna emanata dalla
società civile, dalla ollettività, verso i fatti del G8, il
resto è e rimane la solita italietta di sempre....
Sabato 15 Novembre 2008
Fabio Piselli
ttp://www.istitutocesareo.it/sitoweb/inni%20ufficiali/innoital.htm
Bandiera italiana.
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