Alluvioni e fiumi in secca, l'ostruzione degli alvei fluviali. Di Nicola Bonelli
Alluvioni e fiumi in secca, l'ostruzione degli alvei fluviali. Di Nicola Bonelli
16 Febbraio 2009
Inserito da Lorella Binaghi
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Fiume Adda. Effetto delle piene con evidenti depositi di ghiaie in alveo
– Anno 2004
Segue articolo di Nicola Bonelli trovato su http://www.ilfiumepo.net/it/alluvione_secca.html
Alluvioni e fiumi in secca - Due aspetti dello stesso problema:
l'ostruzione degli Alvei fluviali.
Da “Quarry & Costruction” dell’agosto 2003 – di
Nicola Bonelli
In un'intervista apparsa su "la Stampa" lo scorso 23 luglio (v. articolo
14), il Capo della Protezione civile, Dr. Guido Bertolaso, paventa e quasi
preannuncia, per la pianura padana, due imminenti catastrofi: la prima si
verificherà, se non piove, nel prossimo mese di agosto; la seconda
si verificherà, quando pioverà e pioverà tanto, con le
alluvioni del prossimo autunno-inverno. A proposito della seconda, fa
sapere di "aver chiesto alle Regioni di approfittare della situazione (di
secca) per pulire gli alvei".
Così dicendo, Bertolaso addebita la "catastrofe alluvione"
soprattutto alla ridotta capacità di deflusso lungo gli alvei
fluviali, a causa della loro ostruzione appunto. E così dicendo egli
ha messo, come si dice, il dito nella piaga, cioè il problema che
assilla non solo il Po ed i suoi affluenti ma tutti i fiumi italiani: la
mancata pulizia degli alvei. Evviva la chiarezza. La pluridecennale
sedimentazione del solido alluvionale, trasportato dalle ricorrenti piene,
ha provocato l'ostruzione degli alvei, tanto da ridurne la sezione di
deflusso fino a non poter contenere nemmeno le piccole ed ordinarie
portate; ed ha inoltre provocato il progressivo innalzamento di quota dei
profili idraulici fluviali. Questo fenomeno rappresenta un serio pericolo
per l'assetto del territorio perché favorisce entrambe le succitate
"catastrofi": alluvioni e fiumi in secca.
http://www.apat.gov.it/
Straripamento di un fiume.
1) Alluvioni. L'innalzamento del fondo alveo del fiume principale
provoca l'innalzamento degli affluenti e dell'intera rete di fossi e canali
di scolo di pianura, che, direttamente o non, si immettono nel fiume. Viene
così compromesso il delicato equilibrio idrogeologico esistente tra
il Fiume e la Pianura che lo costeggia. Qui la pendenza dei tronchi
terminali degli affluenti e dei canali di scolo, pendenza già vicina
a valori minimi, si riduce ulteriormente. Ne consegue la difficoltà
di deflusso, il ristagno ed un'accentuata sedimentazione del trasporto
solido. Alvei, canali e fossi si intasano. Si ostruiscono i tombini
stradali e ferroviari. L'intera rete idrografica di pianura va in
crisi.
La linea ferroviaria, avendo un più rigido andamento altimetrico,
è la più colpita da questo modificarsi dell'assetto
idrogeologico. Le FF.SS. spendono centinaia di miliardi l'anno per pulire
canali e tombini, che dopo ogni piovuta tornano ad intasarsi. Se la quota
di deflusso continua ad alzarsi non sarà più sufficiente
allargare i tombini ma si dovrà innalzare l'intera rete ferroviaria
presente in pianura. Lo stesso si dovrà fare per le strade, gli
insediamenti e tutto il resto. L'innalzamento di quota del punto di
confluenza nel Po e la conseguente riduzione di pendenza del tratto
terminale degli affluenti, entrambi causati dalla stratificazione del
sedimento alluvionale, provocano una riduzione di velocità della
corrente lungo il tratto pianeggiante dell'affluente stesso. Con ridotta
velocità occorrerebbe una maggiore sezione di deflusso per contenere
la stessa portata. Ed invece, sempre a causa del sedimento alluvionale, si
è ridotta anche la sezione di deflusso.
Ostruzione degli alvei e riduzione della velocità di deflusso:
queste sono le cause che provocano i frequenti straripamenti, che ormai
avvengono anche con portate minime, lungo gli affluenti del Po. L'aumento
della velocità di corrivazione lungo il bacino idrografico, che
spesso si sente nominare durante gli eventi disastrosi, è solo una
grande balla. Nelle ultime alluvioni si é notato inoltre, rispetto
al passato, un forte aumento, questo sì, di apporto solido, che ha
contribuito anch'esso a complicare la situazione, riducendo ulteriormente
la sezione di deflusso degli alvei fluviali.
2) Fiumi in secca. Quando la portata si riduce al minimo, la residua
quantità d'acqua (portata di magra), che di solito defluisce (a
vista) negli alvei, si infiltra nel deposito alluvionale formatosi in alveo
- che nel caso del Po e dei suoi affluenti raggiunge anche 2-3 metri di
spessore - e da qui buona parte di essa si disperde nella falda del
sub-alveo. La falda acquifera della pianura padana si alimenta, da una
parte delle acque che percolano dai rilievi che la ircondano, dall'altra,
invece, attinge dalle fluenze superficiali del Po e dei suoi affluenti,
oppure cede a questi parte della sua acqua: a seconda della prevalenza fra
i due rispettivi livelli. Una volta esisteva un intimo legame ed un
perfetto equilibrio tra le acque circolanti in superficie (in alveo) e le
acque sotterranee (nel sub-alveo), ed avveniva un continuo interscambio tra
loro. Capitava - alternativamente nello stesso tratto fluviale o
contemporaneamente in tratti diversi dello stesso Po - che il fiume
alimentasse la falda o/e che venisse da essa alimentato. Da questo naturale
e delicato equilibrio scaturiva la perenne vitalità del fiume Po,
che conservava sempre una consistente portata d'acqua, anche in tempo di
magra e di siccità prolungata. Adesso non è così, il
Po va in secca come una fiumara calabra, perché non esiste
più il menzionato equilibrio: il livello di falda si è
abbassato, per eccessivo sfruttamento, di circa 3 metri, e la quota del
fondo alveo del Po si è innalzato in media di altrettanti 3 metri.
Abbiamo quindi un dislivello medio di 6 metri, e quindi l'acqua ha una
forte e costante propensione a passare dall'alveo al subalveo.
L'altro fattore che favorisce l'infiltrazione nel sottosuolo è la
ridotta pendenza longitudinale del corso d'acqua. Nel tratto di Po che va
da Piacenza alla foce abbiamo, per esempio, un dislivello di soli 40 m. in
uno sviluppo di 335 km.; quindi una pendenza media dello 0,12 per mille,
cioè 12 centimetri per ogni chilometro, praticamente quasi nulla. In
queste condizioni, e con lo strato di deposito alluvionale formatosi
all'interno degli alvei - che da una parte frena l'avanzamento dell'acqua
in superficie e dall'altra, essendo fortemente permeabile, favorisce
l'infiltrazione verso il subalveo - la portata di magra finisce quasi tutta
per sommergersi nella falda acquifera. Dove sicuramente son finiti anche i
6 milioni di mc di acqua rilasciata nei giorni scorsi dai bacini montani
… e poi svanita nel nulla.
Pulizia degli alvei quindi, non solo per contenere le portate di massima
piena, ma anche per far ricomparire negli alvei le minime portate di magra.
E particolare attenzione verso l'equilibrio tra il livello di falda e la
quota del fondo alveo. Questo è il minimo che bisogna fare per
prevenire e/o quanto meno lenire i Disastri in Valpadana. Una volta la
Disciplina delle Acque si conseguiva basandosi su cognizioni di
geomorfologia ed applicando le regole matematiche di idraulica, idrologia e
sedimentologia. Regole note sin dall'avvento dell'Homo Sapiens, regole
funzionanti per millenni.
Ora invece, nell'era della "scoperta" dell'Ambiente, tutto questo non si
usa più. Il termine "disciplina" è considerato una bestemmia.
"I fiumi devono evolvere secondo natura": si sente dire da più
parti. E si va avanti con idee astratte ed a volte mistificatorie: SI
PIANIFICA. Si vagheggia, insomma, in una specie di delirio ideologico,
peraltro di dubbia autenticità. Ed il Po, che grazie a quelle regole
era un grande fiume ed una delle più importanti vie d'acqua
d'Europa, ora è diventato una pozzanghera. A mio avviso, se non si
fa un "passo indietro" e non si torna a quelle Regole, fra non molto l'Uomo
Moderno dovrà rinunciare alle sue Cose di pianura", prima fra tutte
l'Agricoltura, e rimontare sulle palafitte o rifugiarsi in montagna.
Una piena di dimensioni eccezionali, come non accadeva più dal 1999,
ha interessato per il fiume Nera e i suoi affluenti. Le acque, con una
velocità consistente, hanno allagato i terreni a fondovalle,
causando danni alle colture agricole e, in alcuni casi , anche alle
attività commerciali che sorgono lungo la Valnerina.
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