Il “PIZZO” Nazionale. Di Nicola Bonelli
Il “PIZZO” Nazionale. Di Nicola Bonelli
2 Febbraio 2009
Inserito da Lorella Binaghi
Spedisci E-Mail
http://www.bigli.com/
Louis-Simon Tiersonnier, (Beauvais 1713 o 1718 - Parigi 1773). Allegoria
della Giustizia (opera venduta). Tecnica: olio su tela, firmato e datato 1762.
Dimensioni: cm. 95 x 188.
Segue articolo di Nicola Bonelli, Il “PIZZO” Nazionale,
scoperto sul link
http://www.ebeteinfiore.it/leggi
Il “PIZZO” Nazionale
Spreco infinito e Legalità perduta
In omaggio al coraggio dei tanti Giovani calabresi e siciliani, che si
vanno mobilitando per contrastare le mafie locali, e per opporsi al
pagamento del pizzo, vorrei spiegare come e dove nasce il padre di tutti i
Pizzi: quello imposto dal Comitato d’Affari Nazionale attraverso
l’allegra gestione della Spesa Pubblica; prelevato dagli Appalti
Pubblici: di opere, forniture e prestazioni varie; preteso da una Politica
malata e sprecona; gestito da una Burocrazia corrotta e famelica; tollerato
da una Giustizia inconsistente ed a volte collusa. Il Pizzo che cresce a
dismisura per soddisfare le crescenti esigenze del Malaffare Nazionale; che
soffoca con nuove tasse l’attuale popolazione; che grava ulle
generazioni future con un Debito pubblico in aumento.
Il tutto avviene – secondo un Oscuro Disegno – nella logica
dell’emergenza. Che, quando non arriva naturalmente, la si crea con
artifizi e stratagemmi. Tali da innescare le procedure della somma urgenza,
o della gestione commissariale; tali da vanificare ogni controllo previsto
dalla gestione ordinaria.
Partendo da quel ch’è accaduto e tuttora accade in Basilicata,
descrivo gli strumenti legislativi di questo Disegno, nonché le sedi
istituzionali dove si decidono strategie e tattiche, “Accordi di
programma” e diavolerie simili: tutti rivolti alla spartizione delle
pubbliche risorse. La cabina di regia è nel C.I.P.E. (Comitato
Interministeriale della Programmazione Economica): una specie di Governo
Parallelo, inventato dalla prima repubblica in sostituzione del vituperato
Sottogoverno di una volta, attraverso il quale – si ricorderà
– avveniva allora la spartizione della torta.
Due clamorosi esempi di allegra gestione effettuate dal CIPE negli anni
ottanta sono senz’altro le due Delibere: del 6 febbraio 1886
(Gazzetta Ufficiale n. 71 del 26.03.1986) e del 12 maggio 1988 (Gazzetta
Ufficiale n. 144 del 21.06.1988). Con le quali furono stanziati dei fondi
destinati allo sviluppo: Fondi F.I.O. (Fondi Investimento Occupazione), per
circa 11.000 miliardi di lire (di cui 500 miliardi per la Regione
Basilicata) che non produssero un solo posto duraturo di lavoro.
Esaminando le suddette delibere, si ha la dimostrazione di come si inventa
l’emergenza: si approvano interventi multimiliardari senza uno
straccio di progetto, e si stabilisce l’avvio dei lavori entro 120
giorni, pena la revoca del finanziamento. In tal modo scatta
l’urgenza, e la “necessità” di ricorrere alla
“procedura dell’Appalto concorso”, disciplinata
dall’art. 24 - primo comma - lettera b), della legge 584/77; con il
metodo dell’offerta “economicamente più
vantaggiosa”.
E’ una norma che prevede l’aggiudicazione della gara sulla base
di una ”serie di elementi di valutazione”, tra cui il minor
prezzo, unico elemento oggettivo, che però conta poco (o niente) a
confronto degli altri elementi: tutti fantasiosi, pretestuosi e soprattutto
discrezionali. E’una norma che permette di affidare i Lavori a chi
chiede il prezzo più alto. E’ “vantaggiosa”, ma
non per l’Ente pubblico, bensì per l’Impresa
aggiudicataria, che in tal modo riesce a realizzare utili fino
all’80%. Per colmo, non si usa più la contabilità dei
Lavori; che vengono liquidati “a corpo” e non “a
misura”. Così si evita ogni effettiva verifica sulle opere
realmente eseguite.
Si tratta insomma di un diabolico marchingegno normativo che - grazie alla
totale discrezionalità consentita - sottrae di fatto la gara alla
libera concorrenza e la riserva alle poche imprese “del giro”,
facendo lievitare a dismisura il costo delle opere.
E’ una specie di gioco di prestigio – inventato da Tangentopoli
– che trasforma la gara d’appalto in una partita al
“mercante in fiera”, in cui l’opera è solo un
pretesto: una “base” per costruirci l’Operazione
spartitoria.
In questo modo, il “Grande Appalto” di opere pubbliche diventa
una tavola imbandita. Dove c’è posto per tutti, e
l’importo da appaltare viene commisurato non più al reale
costo dell’opera ma al numero e all’appetito dei commensali.
L’alto margine di guadagno, prodotto da questa norma, consente di
compensare ogni acquiescenza e di tacitare ogni resistenza. Il banchetto di
solito è organizzato dalle Grandi Imprese di livello nazionale: per
carità, tutte aziende al di sopra di ogni sospetto. Ma tra i
commensali ci deve essere necessariamente (tra cottimisti, fornitori,
progettisti, consulenti, subappaltatori etc…) anche chi è
disposto ad emettere fatture false. Senza le quali non è possibile
costituire fondi neri… e distribuire mazzette.
La stessa norma, si badi bene, (sotto altro nome, ma con l’identico
marchingegno) muove anche i pianeti di Forniture, Prestazioni, Servizi,
Pulizie, etc…
Grazie a questa famigerata norma, i suddetti 500 miliardi di lire –
Fondi FIO spesi in Basilicata negli anni 80 per “Sistemazioni
idrauliche” lungo i fiumi lucani – produssero opere
semi-fantasma di cui è difficile trovarne traccia; opere realizzate
a metà ma pagate per intero; opere pagate due volte. Furono insomma
delle truffe miliardarie: organizzate, avallate e “collaudate”
dalla Burocrazia regionale; ed impunemente consumate nella consapevole
indifferenza dell’Autorità Giudiziaria e della Corte dei
Conti. Sulla stessa falsariga si continua tuttora: vedi Accordo di
programma col CIPE in data 28.07.2003 (DGR 1383/2003), con il quale sono
stati dilapidati altri 25 milioni di euro lungo i fiumi lucani, con vere e
proprie “rapine” come quella commessa per la
“Sistemazione del torrente S. Nicola di Nova Siri”.
Riferendosi alla serie di appalti degli anni 80 in Basilicata,
l’allora deputato On. Nicola Savino di Potenza, in una interrogazione
parlamentare (n. 5-01750 del 13.10.1989), esprimeva tra l’altro la
seguente inquietante preoccupazione: “l’adozione del metodo
della contabilizzazione “a corpo” e non “a misura”,
per quanto legale, rende tanto superficiali i controlli da consentire
guadagni illeciti, i quali possono innescare processi di degrado
sociale… e fenomeni di criminalità diffusa”.
Infatti, dopo qualche anno (1992) esplose lo scandalo di Tangentopoli. E fu
proprio questa norma a produrre la “Dazione ambientale” che
procurò tanto “lavoro” a “Mani Pulite” ed al
Magistrato Antonio Di Pietro, a cominciare dal Pio Albergo Trivulzio.
Dopo lo scandalo di Tangentopoli questa norma era andata in disuso, ma poi
ricomparve con la legge 109/1994 (art. 21). Tornata poi di nuovo in ombra
per qualche incidente tangentizio, è stata di recente dissotterrata
col Decreto legislativo n. 163 del 12.04.2006 (art. 83), perchè
“imposto” da una Direttiva CE.
A quanto pare, sfruttando l’ombrello europeo, si riesce a camuffare
le “porcate” legislative nazionali in “Leggi ispirate
dall’Alto”. Non so dove ci porta l’Europa, ma una cosa
è certa: la norma in questione disonora il Parlamento italiano;
sconcerta chi crede nello stato di diritto; produce più
“Pizzo” di cento Mafie; ed è destabilizzante più
di cento Brigate rosse. Consentire l’uso di questa norma ai tanti
Gaglioffi annidati nella struttura pubblica, è come fornire un
grimaldello ad uno scassinatore. Anzi, è come consegnare le chiavi
di un condominio a dei ladri d’appartamento.
Per ironia della sorte ora tocca proprio al Ministro Antonio Di Pietro
(II°) applicare questa assurda norma nella gestione dei Lavori
Pubblici. E’ auspicabile che se ne renda conto, e si adoperi per
abrogarla. Che non si limiti ad usare il naso del Poliziotto (come fece il
Di Pietro I°) alla ricerca perpetua di malfattori. Che usi piuttosto la
testa del Politico. E che riesca a individuare e neutralizzare gli
oggettivi strumenti usati dal Malaffare: le Leggi, appunto.
E’ altresì auspicabile (la speranza è sempre
l’ultima a morire) che il Parlamento provveda a ripristinare, e con
più rigore, il reato di “Abuso d’Ufficio”, da cui
si genera l’Arroganza-menefreghismo-strapotere della Burocrazia,
nonché il vergognoso lassismo della Magistratura ed il conseguente
Sfascio del Paese. E provveda a smantellare la miriade di Strutture
parallele, a cominciare dal CIPE, nate nella logica della spartizione del
potere gestionale, e scevre da ogni responsabilità.
Per un futuro migliore, per il loro futuro, è sperabile infine che i
Giovani prendano coscienza anche di questi problemi, e che si mobilitino
per debellare questi due Mostri: lo Spreco e l’Illegalità. Due
mostri che si inseguono e si alimentano a vicenda, e che distruggono la
Democrazia. Il Potere li usa per rafforzarsi, creando sudditanza e
servo-assistenza, con consenso di ritorno. La Società civile li
subisce perdendo cittadinanza e possibilità di sviluppo. Nel
contesto che ne deriva prevale il Malcostume; si mortifica la
Dignità; non c’è spazio per operare nella
Legalità. E così via, verso la morte dello stato di diritto.
Dopo di che arriva la giungla …ed alla fine rimaniamo fregati
TUTTI.
Nicola Bonelli
Questo ed altro sul sito: http://www.fontamara.org
Leggi l'elenco generale d'articoli in "Stanza della
Lettura"
Clicca: "Rassegna del
Var". Diario di Varese e del varesino.
© 2005 - 2009 Grafica e layout sono d'esclusiva proprietà di cieliparalleli.com