Riflessioni e domande sul caso Boffo
Riflessioni e domande sul caso Boffo
10 settembre 2009
Inserito da: Lorella Binaghi
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----- Original Message -----
From: Lega Antipredazione
To: Undisclosed-Recipient:;
Sent: Thursday, September 10, 2009 10:41 AM
Subject: Coerenza nelle istituzioni
Mentre tutta la stampa italiana, al solito ha stravolto i fatti relativi al
caso Boffo/Avvenire come se fosse una faccenda di omofobia e non un fatto
di coerenza delle istituzioni -soprattutto di quelle della cosiddetta
morale- a noi è parsa valida, quasi laica, l'opinione del prof.
Roberto De Mattei che chiama alla coerenza le Istituzioni e i loro
rappresentanti.
De Mattei, storico, prof. all'Università Europea di Roma e Vice
presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche, da anni ha
stigmatizzato, da cattolico, un'altra incoerenza della Chiesa che ha
accettato la cosiddetta "morte cerebrale" dichiarata sui vivi che hanno
perso la coscienza per favorire i trapianti. Nel 2007, pur escludendo
medici/scienziati della Lega Nazionale Contro la Predazione di Organi e la
Morte a Cuore Battente (nemo profeta in patria), ha curato una importante
raccolta di opinioni scientifiche di critici di varie nazioni contrari al
concetto di "morte cerebrale", confluite nel volume intitolato "Finis
Vitae: la morte cerebrale è ancora vita?" (Rubbettino ed.)
www.antipredazione.org
----- Original Message -----
From: Roberto de Mattei
To: Nerina
Negrello
Sent: Wednesday, September 02, 2009 5:09 PM
Subject: riflessioni e domande sul caso Boffo
Riflessioni e domande sul caso Boffo di Roberto de Mattei
Il caso Boffo va bene al di là delle relazioni tra Berlusconi e il
Vaticano, entro cui lo si vorrebbe ingabbiare, e pone un problema di fondo
alla Chiesa cattolica.
La questione si riassume in questi termini: può l’organo dei
vescovi italiani essere diretto da un uomo che è stato condannato
per molestia e che, soprattutto, è sospettato di essere in una
condizione definita dal Catechismo della Chiesa «intrinsecamente
disordinata» e «contraria alla legge naturale» (n. 2357)?
Poco importa come il fatto sia venuto alla luce. Quel che importa è
che il direttore di “Avvenire” non lo abbia mai esplicitamente
negato, aggiungendo alla doverosa smentita una altrettanta categorica
condanna di ogni comportamento omosessuale.
Il problema non tocca in alcun modo la vita privata degli uomini politici,
e tantomeno dei direttori dei giornali italiani, ma – insistiamo su
questo punto perché è centrale – riguarda il direttore
di un giornale appartenente alla Conferenza Episcopale Italiana (CEI). La
domanda che poniamo alle autorità ecclesiastiche è la
seguente: è legittimo invocare il “rispetto della vita
privata” in casi come questo?
Berlusconi, Bossi, Casini, Fini e anche Franceschini, Prodi e Veltroni,
sono liberi di comportarsi come vogliono nella loro vita privata. È
lecito naturalmente giudicare la coerenza, o l’incoerenza, tra i loro
comportamenti pubblici e privati ma, in ultima analisi, per la Chiesa la
loro azione pubblica è più importante di quella privata. Per
questo è preferibile un uomo politico immorale, ma contrario alla
legalizzazione dell’immoralità, ad un altro uomo politico
morigerato nella vita privata, ma favorevole a istituzionalizzare
l’immoralità nelle leggi e nel costume.
Ben diverso è il caso di un personaggio designato dalla CEI per un
incarico così delicato, quale è quello di essere il portavoce
dei vescovi italiani. Per tutti gli incarichi di responsabilità
nelle istituzioni ecclesiali, quali direttori di testate cattoliche,
professori o insegnanti in università cattoliche o pontificie,
rettori di seminari, superiori di ordini religiosi, parroci e vescovi, la
Chiesa ha sempre richiesto, e non può cessare di richiedere, una
rigorosa coerenza tra la vita pubblica e quella privata. Le ragioni sono
molteplici, e anche ovvie.
In primo luogo la Chiesa non propone solo una dottrina astratta, ma anche
modelli di vita, incarnati, nel più alto grado, dalla
santità. Non si può pretendere la santità da tutti, ma
da tutti si esigono comportamenti, anche privati, non contrari alla legge
naturale e cristiana. Quando ciò non accade, ci si trova in una
situazione di grave decadenza morale, come spesso è avvenuto nella
storia della Chiesa. Questa situazione deve essere contrastata non subita,
o peggio ancora giustificata. E questo, non per mancanza di carità
nei confronti delle membra deboli della Chiesa, che rimangono sempre
fratelli da amare, ma per l’amore, più alto, che è
dovuto in primis alla legge divina e poi a tutta la comunità
cristiana che, con fatica, a questa legge cerca di conformarsi.
Una seconda ragione nasce dallo stretto rapporto intercorrente tra le
istituzioni e gli uomini che le rappresentano. Un poliziotto implicato in
una rapina danneggia in maniera grave la credibilità della
istituzione a cui appartiene. Allo stesso modo chi predica la morale,
quando la trasgredisce nei fatti, causa un danno non solo a sé
stesso, ma ai princìpi che cerca di trasmettere al prossimo.
Oggi esiste una violenta offensiva contro la Chiesa, che mira a screditare
i suoi rappresentanti, dipinti di volta in volta come pedofili, ladri,
corrotti, razzisti, omosessuali, e comunque sempre in contraddizione con i
princìpi da loro professati. L’unica replica possibile a
questa manovra è la forza della Verità. Se le accuse sono
false, vanno smascherate e denunciate. Se sono vere, non bisogna coprire i
vizi, e tantomeno trasformarli in virtù, ma occorre estirparli
prontamente, sottolineando la distinzione necessaria tra la Chiesa, sempre
santa e immacolata, e gli uomini di Chiesa, deboli e fallibili come tutti i
mortali. Essi vanno sempre amati, anche quando sbagliano, ma mai
giustificati per i loro errori. Che senso ha esprimere loro
“stima” e “solidarietà”?
Vi è ancora una ragione, fondata sul principio secondo cui se non si
vive come si pensa, si finisce col pensare come si vive. Oggi la Chiesa
è impegnata in una dura battaglia contro il relativismo culturale e
morale che aggredisce la società. Questa battaglia esige idee forti,
ma anche uomini forti, coerenti con le proprie idee. La pratica del
relativismo morale conduce inevitabilmente al relativismo ideologico,
minando il fronte di resistenza al nemico. Una delle cause più
profonde della debolezza culturale della Chiesa nel mondo, sta oggi proprio
nella debolezza morale dei suoi rappresentanti. Ad un posto di
responsabilità come quello di direttore del giornale dei vescovi,
bisognerebbe designare un cattolico forte e coerente, e non già un
uomo di compromesso culturale e morale.
Se così non fosse, se cioè dovessimo immaginare che la vita
privata di un personaggio destinato ad alta carica dai Pastori della Chiesa
fosse priva di incidenza sulla sua attività pubblica, dovremmo
chiederci perché mai la Santa Sede abbia inviato un congruo numero di
visitatori apostolici presso un importante congregazione religiosa, sotto
inchiesta per le trasgressioni morali private del suo fondatore. Gli esempi
potrebbero moltiplicarsi. Perché mai le università cattoliche
e pontificie dovrebbero chiedere patenti di fede e di morale, pubblica e
privata, ai propri docenti? Se si ammette il principio invocato per
difendere il direttore di “Avvenire”, le conseguenze per la
Chiesa sarebbero devastanti.
Al di là del disgusto per l’intera vicenda, quel che appare
grave ai semplici fedeli, quali noi siamo, non è l’attacco a
Dino Boffo di Vittorio Feltri, che in fin dei conti fa il suo mestiere di
giornalista, ma il silenzio con cui lo scandalo giudiziario è stato
fino ad oggi coperto da chi aveva il dovere di intervenire e ha ora quello,
impellente, di rimuovere dal suo incarico il direttore di
“Avvenire”.
Che Dio illumini i nostri uomini di Chiesa!
***** * *****
Ulteriori approfondimenti
Politica Nazionale - Caso Boffo. Il direttore di Avvenire si è
dimesso
August 29th, 2009 -
Domandare è lecito (anche a Boffo)
Dino Boffo si dimette…
http://www.oasiscenter.eu/it/autori
Foto di Dino Boffo. Già Direttore responsabile del quotidiano
Avvenire e dell'emittente Sat2000.
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