Sventurati fiumi di Basilicata (…e d’Italia) vittime di incuria e abbandono… e di grandi Operazioni Spartitorie. Di Nicola Bonelli
Sventurati fiumi di Basilicata (…e d’Italia) vittime di
incuria e abbandono… e di grandi Operazioni Spartitorie. Di Nicola
Bonelli
28 marzo 2010
Inserito da Lorella Binaghi
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From: Fontamara
Sent: Saturday, March 27, 2010 11:33 AM
To: editor@cieliparalleli.com
Subject: Sventurati Fiumi di Basilicata (e d'Italia)
Sventurati fiumi di Basilicata (…e d’Italia)
vittime di incuria e abbandono… e di grandi Operazioni
Spartitorie.
E’ risaputo e condiviso da tutti: i fiumi lucani
rappresentano, da sempre e per molti aspetti, la parte più
importante: la spina dorsale del territorio regionale. Tanto
è vero che i Padri della Regione li inserirono nel logo
istituzionale. Ma poi furono affidati ad una banda di Balordi &
Criminali che li hanno trasformati in Campi per scorrerie
della lobby Tangenti & Appalti.
La funzione primaria di un corso d’acqua, nella
salvaguardia del territorio, è quella di drenare le acque del
proprio bacino idrografico. Perché possa assolvere al meglio e nel
tempo a tale funzione, si devono verificare due importanti condizioni:
- 1) che la sezione di deflusso (ampiezza dell'alveo)
riesca a contenere le proprie portate;
- 2) che il profilo idraulico possa fungere da
“livello di base” al reticolo idrografico: in ogni punto
di confluenza di canali e fossi di scolo.
E’ importante quindi che l’alveo attivo vada
ripulito: - dal materiale litoide che vi sopraggiunge con le
ricorrenti piene; - da tutto ciò che nel tempo vi si accumula
e tende ad ostruirlo, ad innalzarlo e deviarne il corso; - dalla
vegetazione che vi nasce, cresce e trasforma i fiumi in vere e
proprie boscaglie.
Per la sicurezza del territorio, la pulizia degli alvei
è una regola basilare e inderogabile. Le esondazioni del Basento,
cui assistiamo in queste settimane (a Grassano, Bernalda, Pisticci e
nello stesso Metapontino) sono causate non già da recenti
“eventi eccezionali”, ma da una ventennale politica scellerata,
fatta di incuria ed abbandono.
La normativa vigente:
il D.P.R. 14 aprile 1993 – stabilendo i criteri da osservare nei
programmi di manutenzione dei corsi d’acqua – include
tra gli interventi utili alla eliminazione di situazioni di pericolo: -
1) l’eliminazione delle alberature dagli alvei attivi
- 2) la rimozione dei materiali litoidi; entrambi
pregiudizievoli al regolare deflusso delle acque; - 3) il ripristino
della sezione di deflusso, adeguata alle piene di ritorno trentennale,
sulla base di misurazioni di carattere idraulico e idrologico. Da
notare l’importanza data alla sezione di deflusso ed
alle modalità per la sua determinazione.
L’articolo 17 della legge
183/1989 prevede, a cura dell'Autorità di Bacino, la
normativa rivolta a regolare l'estrazione dei materiali litoidi dal
demanio fluviale, in funzione del buon regime delle acque.
L'articolo 2 della legge
n. 365/2000 stabilisce infine che la Regione – sotto il
coordinamento dell’Autorità di bacino – provvede a
rilevare le situazioni di pericolo, a identificare gli interventi di
manutenzione più urgenti, ponendo particolare attenzione alle
situazioni d’impedimento al regolare deflusso, con particolare
riferimento all’accumulo di inerti.
Pertanto, l’estrazione di inerti fluviali potrebbe
rientrare a pieno titolo nei Programmi di manutenzione dei corsi
d’acqua; potrebbe assolvere alla pulizia degli alvei, e
contribuire alla salvaguardia del territorio.
Occorrerebbe quindi determinare, per ogni tronco fluviale, la
sezione di deflusso adeguata alle proprie portate idriche di ritorno
trentennale, come previsto per legge. Sezione di deflusso, al cui
mantenimento dovrebbe attestarsi ogni intervento estrattivo e di bonifica;
- da farsi in modo puntuale; - in una logica di prevenzione; - e non
dopo anni di accumulo di materiale e di totale ostruzione degli
alvei.
Gli effetti di una politica simile sarebbero sicuramente: - la
manutenzione dei corsi d’acqua a costo zero per la P.A.; - una
notevole entrata riveniente dal valore del materiale utilizzato.
Ma al posto di tutto questo ha prevalso l’incuria e
l’abbandono, il disprezzo per le regole e per il Bene comune. La
causa principale del diffuso dissesto idrogeologico, cui oggi
assistiamo lungo i nostri fiumi, è dovuta alla mancata
osservanza della suddetta normativa, da parte in primis
dell’Autorità di Bacino. Ma pure gli altri uffici, presso i
Dipartimenti Ambiente e Infrastrutture (attualmente 12 uffici, al posto
dell’unico Genio Civile di una volta) non sono da meno.
Non sono per niente motivati ad incrementare le entrate
pubbliche, ma solo protesi verso le spese. Anzi, fanno di tutto per
trasformare le occasioni di Entrata, in necessità di Spesa. Su cui
possono attivare, più o meno lecitamente, il loro tornaconto.
Fanno di tutto e di più per ostacolare
l’attività estrattiva:
- nel 1996 adottano un piano estrattivo scellerato, in
piena difformità delle leggi, fatto su misura per occultare
l’abbondanza del materiale nei fiumi;
- s’inventano, per tale scopo, la storia del
generale arretramento della costa ionica, che sarebbe dovuto ad
eccessivo prelievo di materiale dai fiumi: una grande
stupidaggine;
- impongono prezzi, del canone estrattivo, esage-rati
ed inaccettabili; - quindi costringono ad operare con concessioni virtuali:
ne paghi mille ma ne puoi prelevare 100mila metri cubi; - per chi opera
lungo i fiumi vige la regola: vietato non rubare; - chi si ostina ad
operare nella legalità è costretto a chiudere; come ha chiuso
la mia azienda: la INERCO srl di Tricarico;
- confondono fischi per fiaschi, fiumi per boschi,
alvei per alveoli. Durante l’incontro del 23.01.07, uno dei
massimi dirigenti degli uffici preposti pronunciò la seguente
bestialità: ”Adesso basta con questa stronzata della
sezione di deflusso”.
Nel marzo 2005, al colmo dell’indecenza,
approvano una porcata di legge con il molteplice scopo di: -
stravolgere la legge regionale 12/79 (disciplina
dell’attività estrattiva) eliminando ogni forma originaria di
efficienza e trasparenza; - eludere una sentenza del Tribunale
Superiore delle Acque Pubbliche, che aveva annullato un loro provvedimento
di diniego; ignobile e illegittimo; - scambiarsi la competenza nel
rilascio di concessioni virtuali e proroghe; - potersi quindi
alternare nella riscossione promanibus del prezzo
personale.
Sono dei pazzi scatenati: accecati dalla voglia di
punire il sottoscritto (che non si è adeguato al loro sistema
criminoso), s’inventano un’area SIC – ZPS,
proprio sul tratto di Basento in cui la mia azienda opera dal 1965. La
definiscono area di particolare pregio naturale, e rigettano
una mia proposta di bonifica del 1998: con 200mila mc. di materiale da
asportare. La motivazione del loro vincolo è quella di
“tutelare gli alberi in alveo“. Vogliono insomma
salvare proprio ciò che fa da ostacolo al deflusso delle acque, e
che la legge impone di eliminare per prevenire il disastro.
Per costoro la Difesa del Suolo non è un obiettivo,
ma il pretesto per attivare fondi pubblici. I fiumi non sono il
fine, ma il mezzo per “sistemare” il denaro pubblico. Per poter
gestire maggiori risorse (... e senza controllo) ripudiano ogni
forma di prevenzione e perseguono la logica dell’emergenza.
Con raggiri ed ignobili Conferenze di servizio: attuano interventi
fasulli, opere fantasma e concrete Spartizioni.
La Cosa pubblica non è un Bene da tutelare, ma una carogna da
spolpare.
Guardate per esempio cos’è accaduto lungo il
Basento nel tratto di Calciano-Grassano-Salandra. Nel 1986 (*) vengono appaltati due Lavori di sistemazione
idraulica, vi è previsto l’adeguamento della sezione
dell’alveo: spesa complessiva 15 miliardi di lire. Vengono
pagati 1,5 milioni di metri cubi di materiale: asportato
dall’alveo, ma solo sulla carta.
Col passare del tempo la situazione si aggrava; - nel
febbraio '90 l'Ufficio Territorio di Matera fa un sopralluogo; -
conferma "l'esistenza di materiale che riduce la sezione
idrica"; attesta "l'esigenza di rimuovere quel materiale per
consentire il regolare deflusso delle acque".
Nel settembre '91 viene quindi autorizzato un
intervento estrattivo di bonifica, per un tratto di 3km. Nell'arco di tre
anni la ditta INERCO riesce a realizzare una metà e ad asportarne
circa 130mila mc., pagando 200 milioni di lire di canone demaniale.
Ma a fine ’94, un Mascalzone di funzionario -
subentrato alla dirigenza dello stesso Ufficio Territorio, che ne aveva
dichiarata l’esigenza ed urgenza – ordina la sospensione dei
lavori. E non c’è modo di fargli riconoscere
l’evidente situazione di pericolo in cui versa la zona, e di
fargli decidere il prosieguo dell'intervento. Negli anni che seguono il
fiume straripa con ricorrenza annuale; ne parlano giornali e
televisione.
Nel '99 il Sindaco ed il Prefetto chiedono alla Regione
d'intervenire. Ma niente.
Nel febbraio 2002 l’Ufficio Geologico rileva la
necessità di rimuovere il materiale ivi presente, ed
autorizza l’intervento proposto dalla INERCO; ma poi la competenza
passa all’Ufficio Ciclo dell’Acqua; ne segue tra i due il
consueto scaricabarile. Alla fine, di quel intervento, ne impediscono
l’esecuzione. E la questione finisce nel dimenticatoio degli
uffici.
Nel 2003 nel Programma regionale di interventi per
la Difesa del suolo (25milioni di euro stanziati anche qui dal
Governo parallelo chiamato CIPE), alla lettera “B”
(interventi di sistemazione idraulica e ripristino
dell’officiosità dei corsi d’acqua) sono stanziati
3.680.000 euro, ma per il tratto di Basento di Grassano: NIENTE.
Quindi, si è bello e capito: nonostante la conclamata
situazione di pericolo, più volte pubblicizzata da stampa e
televisione; della zona “Giardini” non gliene frega niente a
nessuno.
Ma poi si scopre anche di peggio: mediante questo ed
altri “Programmi" vengono “eseguiti” ben due interventi
nel torrente S. Nicola di Nova Siri: un torrentello da niente, dove non
esiste alcun pericolo di esondazione. Anzi non esiste nemmeno
l’acqua.
Per i Lavori di apertura della sezione di deflusso, in circa 3.000 m
di torrente, i due interventi (del 2002 e 2005) prevedono la spesa di
757 mila euro, e la asportazione dell'alveo di 300mila metri cubi di
materiale: a spese della Regione e non a carico dell'impresa utilizzatrice.
Materiale che però viene asportato solo sulla carta.
L’unica cosa certa è che qui si è consumata
un’operazione spartitoria: molto simile a quelle degli anni
80, durante la grande abbuffata dei Fondi FIO. Incredibile ma vero.
Da questa storia si deduce che in Basilicata lo
stanziamento dei fondi, “per la Difesa del Suolo” il
più delle volte scaturisce non da gravi situazioni di pericolo ma da
favorevoli situazioni spartitorie.
Tornando alla zona “Giardini” di Grassano, nel
frattempo sono trascorse altre 7 stagioni: - ad ogni stagione una piena; -
che ha portato altro materiale; - che continua ad ostruire l’alveo e
a deviarne il corso. La situazione è gravissima. Vi sono
accumulati oltre 400mila mc di materiale, che stanno distruggendo
800 ettari di ottima agricoltura.
Ebbene, oggi la situazione sarebbe stata diversa (ed i
"Giardini" sarebbero in sicurezza) se una banda di Arroganti e
Cialtroni - in combutta tra loro, con abusi, raggiri ed ignobili
Conferenze di servizio - non avessero (dal 1995 in poi)
impedito che proseguisse l'intervento estrattivo e di bonifica della
INERCO, che prevedeva l'asportazione di 40mila mc. di materiale
all'anno. E pensare che quel intervento era stato (più volte e in
atti) da loro stessi definito: urgente ed improcrastinabile.
(???)
Sul governo dei fiumi, questi Scellerati hanno
orchestrato un sistema che non salvaguardia un bel niente, e che
invece produce lo sfascio del territorio, spreco di risorse e
malcostume sociale. Sistema che si è imposto e consolidato grazie
al consenso della Maggioranza ed al silenzio-assenso
dell'Opposizione.
A mio avviso andrebbe fatta una seria inchiesta sul
letamaio - di appalti pilotati, di opere fantasma ed enormi
spartizioni di denaro pubblico - prodotto dal 1986 in poi, lungo i
fiumi lucani.
Con ciò non voglio dire che tutti gli operatori
regionali (politici e tecnici) siano responsabili di tali malefatte. So per
certo che affianco ai tanti Gaglioffi, vi operano anche
tantissime Persone per bene.
Però va ribadito anche che, come diceva Martin L. King,
“Ciò ch’è più dannoso nel mondo non
sono gli uomini cattivi, ma il silenzio di quelli buoni”.
Tricarico - Marzo 2010 - Nicola Bonelli
www.fontamara.org - 348.2601976
-
nicolabonelli@fontamara.org
( *) Nota bene. Va qui ricordato che
negli anni '80 furono spesi lungo i fiumi lucani - per opere
semi-fantasma, per lavori appaltati "a forfait" ed importi gonfiati a
dismisura - circa 400 miliardi di lire di Fondi FIO: Fondi
Investimento Occupazione; stanziati dal governo parallelo chiamato
CIPE; dilapidati senza creare un solo posto di lavoro. Soldi spartiti
tra grandi imprese... partiti politici... tecnici... burocrati... Soldi
sottratti, allora e per sempre, all'utilizzo per case, fogne, ospedali,
scuole, strade... etc... etc... Amen.
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