Sventurati fiumi di Basilicata (…e d’Italia) vittime di incuria e abbandono… e di grandi Operazioni Spartitorie. Di Nicola Bonelli


Sventurati fiumi di Basilicata (…e d’Italia) vittime di incuria e abbandono… e di grandi Operazioni Spartitorie. Di Nicola Bonelli





9 aprile 2010
Inserito da Lorella Binaghi
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From: Fontamara
Sent: Saturday, March 27, 2010 11:33 AM
To: editor@cieliparalleli.com
Subject: Sventurati Fiumi di Basilicata (e d'Italia)


Sventurati fiumi di Basilicata (…e d’Italia) vittime di incuria e abbandono… e di grandi Operazioni Spartitorie.

   E’ risaputo e condiviso da tutti: i fiumi lucani rappresentano, da sempre e per molti aspetti, la parte più importante: la spina dorsale del territorio regionale. Tanto è vero che i Padri della Regione li inserirono nel logo istituzionale. Ma poi furono affidati ad una banda di Balordi & Criminali che li hanno trasformati in Campi per scorrerie della lobby Tangenti & Appalti.

   La funzione primaria di un corso d’acqua, nella salvaguardia del territorio, è quella di drenare le acque del proprio bacino idrografico. Perché possa assolvere al meglio e nel tempo a tale funzione, si devono verificare due importanti condizioni:
   - 1) che la sezione di deflusso (ampiezza dell'alveo) riesca a contenere le proprie portate;
   - 2) che il profilo idraulico possa fungere da “livello di base” al reticolo idrografico: in ogni punto di confluenza di canali e fossi di scolo.
   E’ importante quindi che l’alveo attivo vada ripulito: - dal materiale litoide che vi sopraggiunge con le ricorrenti piene; - da tutto ciò che nel tempo vi si accumula e tende ad ostruirlo, ad innalzarlo e deviarne il corso; - dalla vegetazione che vi nasce, cresce e trasforma i fiumi in vere e proprie boscaglie: ad esempio i tratti fluviali dell costa ionica.

   La normativa vigente: il D.P.R. 14 aprile 1993 – stabilendo i criteri da osservare nei programmi di manutenzione dei corsi d’acqua – include tra gli interventi utili alla eliminazione di situazioni di pericolo: - 1) l’eliminazione delle alberature dagli alvei attivi - 2) la rimozione dei materiali litoidi; entrambi pregiudizievoli al regolare deflusso delle acque; - 3) il ripristino della sezione di deflusso, adeguata alle piene di ritorno trentennale, sulla base di misurazioni di carattere idraulico e idrologico. Da notare l’importanza data alla sezione di deflusso ed alle modalità per la sua determinazione.
   L’articolo 17 della legge 183/1989 prevede, a cura dell'Autorità di Bacino, la normativa rivolta a regolare l'estrazione dei materiali litoidi dal demanio fluviale, in funzione del buon regime delle acque.
   L'articolo 2 della legge n. 365/2000 stabilisce infine che la Regione – sotto il coordinamento dell’Autorità di bacino – provvede a rilevare le situazioni di pericolo, a identificare gli interventi di manutenzione più urgenti, ponendo particolare attenzione alle situazioni d’impedimento al regolare deflusso, con particolare riferimento all’accumulo di inerti.

   Il grosso problema che assilla i fiumi lucani è rappresentato proprio dagli accumuli di materiale in alveo. Si tratta di quella parte grossolana di trasporto solido "di fondo" (ghiaia di varia pezzatura), che avanza lentamente durante la piena, ma col ridurre della sua velocità, si ferma e si deposita in alveo. Da distinguere dal trasporto solido "in sospensione" (sabbia e limo) che prosegue fino alla foce alla stessa velocità della corrente.
   Data l’abbondanza e la sua alta qualità, il materiale inerte fluviale costituisce una grande risorsa mineraria di proprietà pubblica. Sarebbe quindi di (doppio) interesse pubblico: rimuoverlo dagli alvei ed immetterlo sul mercato, mediante l’attività estrattiva.
  Attività che potrebbe rientrare a pieno titolo nei Programmi di manutenzione. Potrebbe assolvere alla bonifica e pulizia degli alvei, e contribuire in tal modo alla salvaguardia del territorio.
   Occorrerebbe quindi determinare, per ogni tronco fluviale, la sezione di deflusso adeguata, al cui mantenimento dovrebbe attestarsi ogni intervento estrattivo e di bonifica; - da farsi in modo preventivo; -e non dopo decenni di accumulo, e di totale ostruzione degli alvei.
Gli effetti di una siffatta politica sicuramente sarebbero: - la manutenzione preventiva ed a costo zero dei corsi d’acqua; - ed in più una notevole entrata riveniente dal valore del materiale utilizzato.

   Ma al posto di tutto questo ha prevalso l’incuria e l’abbandono.Le ricorrenti esondazioni del Basento (a Grassano, Bernalda e Pistcci) dell’Agri e nello stesso Metapontino, sono causate non già da “eventi eccezionali”, ma da una politica scellerata: fatta di inosservanza delle suddette leggi e disprezzo per il Bene comune, da parte sia dell’Autorità di Bacino che degli altri uffici “preposti” (12 uffici attuali,al posto dell’unico Genio Civile di una volta) presso i Dipartimenti Ambiente e Infrastrutture.
   Quanto all’estrazione fluviale, fanno di tutto per ostacolare l’attività legalizzata (fatta di quantitativi reali e sostanziali) e promuovere quella fraudolenta: fatta di concessioni “virtuali”, con il sistema: ne paghi mille ma ne puoi prelevare 10-100mila metri cubi.
   Operando in questa ottica balorda:
   - adottano nel 1996 un piano estrattivo per occultare l’abbondanza del materiale nei fiumi;
   - s’inventano, per tale scopo, la storia dello arretramento della costa ionica, che sarebbe dovuto ad eccessivo prelievo di materiale inerte dai fiumi: una madornale stupidaggine;
   - impongono prezzi esagerati ed inaccettabili; - quindi costringono ad operare con concessioni “virtuali”; - per chi opera lungo i fiumi vige la regola: VIETATO NON RUBARE; - chi vuole operare nella legalità è costretto a chiudere; così come ha chiuso la mia azienda: la INERCO srl di Tricarico;

   Al colmo dell’indecenza, nel marzo 2005 approvano una porcata di legge per: - stravolgere la legge reg. 12/79, eliminando ogni forma originaria di efficienza e trasparenza; - eludere una sentenza del Tribunale delle Acque del gennaio 2005, che aveva annullato un loro diniego fondato su falso ideologico; -spartirsi la competenza nel rilascio e proroga di concessioni virtuali; - alternarsi nella riscossione del prezzo personale:promanibus.

  Sono dei pazzi scatenati. Per punire il sottoscritto (che non si è adeguato al suo sistema criminoso) s’inventano un’area SIC – ZPS, proprio sul tratto di Basento in cui opera la mia azienda. Sottopongono a stretto vincolo ambientale l’intera area, per "tutelare gli alberi sviluppatesi in alveo. Insomma vogliono salvare proprio ciò che la legge impone di eliminare.
   La INERCO è presente ed opera lungo il Basento, nel tratto di Calciano e Grassano, sin dal 1965. Con interventi motivati da "esigenza di governo idraulico" e concessioni pluriennali, ha prelevato in media 30mila mc, annui. Nell’ultimo triennio (1991-94) 130mila mc. versando un canone di oltre 200 milioni di lire.

   L’ammontare di materiale asportato in 30 anni di attività è di 900mila mc.Alla fine della sua attività estrattiva (1995), la situazione si presentava così:

Anno 1995: fiume Basento - zona “Giardini” di Grassano

Foto 1 - Anno 1995: fiume Basento - zona “Giardini” di Grassano. (Immagine proprietà di Nicola Bonelli).

   Dal 1995 in poi,nonostante le nostre reiterate proposte di intervento (cui è seguito, da parte degli Uffici regionali, uno scellerato turbinio di approvazioni e impedimenti, motivati anche da falso ideologico) ci è stato impedito di proseguire la bonifica del Basento.
   Con abusi, omissioni ed anni di raggiri, e, per ultima, con un'ignobile Conferenza di servizio condotta da un compiacente Commissario ad acta nominato dal Tribunale delle Acque (conferenza in cui hanno imposto quella stronzata di vincolo SIC - ZPS), hanno decretato la fine della nostra attività.

   Nel frattempo il Basento straripa con ricorrenza annuale. Sindaco e Prefetto sollecitano più volte ma invano un intervento. Nel Piano 2002 dell'Autorità di bacino, l'intero tratto Calciano-Grassiano viene classificato area ad alto rischio d'inondazione.
   Ma la questione "Giardini" finisce comunque nel dimenticatoio degli uffici.
   Infatti, nel Programma regionale del 2003 (25milioni di euro), sono stanziati 3.680.000 euro per sistemazione idraulica dei corsi d'acqua. Ma, nonostante l'ormai stranota situazione di pericolo, per il Basento di Grassano non è previsto niente.
   Non gliene frega niente a nessuno.

   Ma poi si scopre anche di peggio: mediante questo ed altri “Programmi” vengono “eseguiti” ben due interventi (2002 e 2005) nel torrente S. Nicola di Nova Siri: dove non esiste alcun pericolo di esondazione. Anzi non esiste nemmeno l'acqua.
   Vi è comunque prevista la rimozione dall’alveo di 300mila mc. di materiale (per 757mila euro di spesa) che però viene asportato solo sulla carta.
   A quanto pare, lo stanziamento di certi fondi scaturisce non da situazioni di pericolo, ma da occasioni spartitorie. La Difesa del Suolo non è un obiettivo, ma il pretesto per attivare fondi pubblici.

Per Costoro i fiumi non sono il fine, ma il mezzo per "sistemare" il denaro pubblico. Per gestire maggiori risorse (senza controllo) ripudiano ogni forma di prevenzione, com’è appunto l’attività estrattiva, e perseguono l’emergenza ...e gli appalti di somma urgenza.
   La Cosa pubblica non è un Bene vitale da tutelare, ma solo una carogna da spolpare.

   Tornando al Basento di Calciano-Grassano, nel frattempo le piene hanno portato altro materiale ( ve ne sono ora 450mila mc.) che poteva essere asportato per tempo e che invece si è accumulato lì: ad ostruire l’alveo; a deviarne il corso; a distruggere 800 ettari d’agricoltura. Altro che ripascimento della costa ionica, e tutte le stronzate che si raccontano in proposito.

  Nel 2005 la situazione si era modificata come nella seguente foto 2:

Anno 2005: fiume Basento - zona “Giardini” di Grassano

Foto 2 - Anno 2005: fiume Basento - zona “Giardini” di Grassano. (Immagine proprietà di Nicola Bonelli).

  Ma ora (2010) è peggiorata ed è gravissima. Tutto ciò, è bene si sappia, non sarebbe accaduto se non avessero impedito il prosieguo della nostra attività.
  Si sappia inoltre che a parte l’enorme danno per gli agricoltori, c’è anche il danno per la Regione, pari a 450mila euro di mancato introito del canone estrattivo (30mila euro per 15 anni). Cui vanno aggiunti 900mila euro di spesa: occorrente per rimuovere (ora e subito) quei 450mila mc di materiale: ingombrante e dannoso. Ed io pago… direbbe Totò.

   Sul governo dei fiumi, hanno orchestrato un sistema (fatto di Arroganza e Cialtroneria, di Illegalità ed Impunità garantita) che non tutela un bel niente, e che invece produce lo sfascio del territorio, spreco di risorse e malcostume sociale. Sistema che si è imposto grazie all’esplicito consenso della Maggioranza ed al silenzio-assenso dell’Opposizione.
   A mio avviso andrebbe fatta una seria inchiesta sul letamaio – di appalti pilotati, di opere fantasma ed enormi spartizioni di denaro pubblico – prodotto dagli anni 80 in poi, lungo i fiumi lucani.
   Con ciò non voglio dire che tutti gli operatori regionali (politici e tecnici) siano responsabili di tali malefatte. So per certo che affianco ai tanti Gaglioffi, vi operano anche tantissime Persone perbene.
   Però va ribadito anche che, come diceva Martin L. King,“Ciò ch’è più dannoso nel mondo non sono gli uomini cattivi, ma il silenzio di quelli buoni”.
   E allora… se veramente ci siete… battete un colpo!!!


Da Fontamara aprile 2010 - Nicola Bonelli
www.fontamara.org - -
nicolabonelli@fontamara.org

   Post Scriptum. Negli anni 80 furono spesi lungo i fiumi lucani – per opere fantasma, per lavori appaltati “a forfait” ed importi gonfiati a dismisura – circa 400 miliardi di lire di Fondi FIO: Fondi Investimento Occupazione; stanziati dal Governo parallelo chiamato CIPE.
   Soldi spesi senza creare un solo posto di lavoro.
   Soldi spartiti tra grandi imprese… partiti politici… tecnici… burocrati.
   Soldi sottratti allora e tuttora – all’utilizzo per case, ospedali, scuole, strade, fogne… etc… etc…
   SVENTURATI TUTTI NOI!!!







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